venerdì 17 settembre 2010

Chimica è parolaccia ?

2011 anno internazionale della chimica

Villaggio Globale (Bari), 5, (19), 11-16 (settembre 2002)
La Chimica e l'Industria, p. 96-99, luglio/agosto 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Parlare di chimica è spesso come presentare nella buona società una sorella dai trascorsi burrascosi. "Chimica" è parola sgradevole per molti orecchi, soprattutto poco informati, per vari motivi apparentemente contrastanti.

Il primo è rappresentato dal modo in cui i grandi mezzi di informazione parlano di cose nelle quali la chimica è coinvolta; non ci mancavano altro che gli attentati con "armi chimiche", in aggiunta agli incidenti "chimici", all'uso sconsiderato della "chimica" in agricoltura, eccetera, per enfatizzare qualsiasi cosa sgradevole associandola all'aggettivo "chimico". Non c'è dubbio che incidenti industriali, intossicazione di lavoratori nella fabbriche, inquinamenti dell'ambiente hanno luogo spesso in fabbriche chimiche o che trattano prodotti chimici e ad opera di sostanze chimiche. Non c'è dubbio che molte fabbriche producono sostanze pericolose, talvolta inutili, talvolta oscene come gli agenti di guerra, dai gas asfissianti a quelli lacrimogeni e paralizzanti.

Non c'è dubbio che la scoperta di frodi, di sostanze tossiche anche nelle acque e nei cibi, di erbicidi nei pozzi sono la conseguenza di un uso improprio e violento di sostanze chimiche e che giustamente un vasto movimento popolare chiede più severe regolamentazioni nella produzione, nella circolazione e nell'uso di prodotti chimici industriali e commerciali.

Il secondo motivo della dubbia fama della chimica sta nella maniera in cui la corporazione dei produttori chimici reagisce alle critiche di quelli che sono sbrigativamente liquidati come "ecologisti" o "verdi". La risposta messa in circolazione attraverso male orchestrate campagne di stampa è melensa e poco convincente e suscita una reazione di rigetto nell'opinione pubblica. Non basta mobilitare grandi compagnie di pubblicità e pubbliche relazioni per essere credibili e convincenti quando si presenta l'immagine che la chimica è per definizione buona e benefica per l'umanità e che pertanto i fabbricanti di prodotti chimici devono essere apprezzati e lodati come coloro che diffondono il bene insito nella chimica.

Anche qui l'eccesso di zelo degli apologeti cade spesso nel ridicolo. Non c'è dubbio che le sostanze presenti nel sangue sono costituite da molecole chimiche --- e che altro dovrebbero essere ? --- e che il cibo necessario per la sopravvivenza, i farmaci che salvano la vita dei malati, i coloranti che abbelliscono i tessuti, i cosmetici che rendono gradevole e pulito l'aspetto, sono fatti di sostanze chimiche. Non c'è dubbio che sono chimiche --- anche se in genere maneggiate da non-chimici --- le analisi che consentono di riconoscere le malattie.

Ma è altrettanto vero che la storia degli anni recenti è piena di episodi di danni alla salute e all'ambiente provocati da industrie e sostanze chimiche non perché tali sostanze sono "chimiche" ma perché sono stati imprudenti e incapaci i produttori, i trasportatori, gli utilizzatori. E non giovano né alla "chimica", né agli imprenditori le difese di ufficio fatte da volonterosi "scienziati" e accademici i quali ridicolizzano i critici e la loro ignoranza. Tali difese hanno il sapore di cose già ascoltate: anche gli industriali inglesi del 1800 rispondevano alla contestazione di coloro che volevano che fosse ridotto l'orario di lavoro dei ragazzi e che fossero mgliorate migliorare le condizioni di lavoro nelle fabbriche mobilitando gli scienziati. E' rimasto celebre il dottor Andrew Ure, chimico e merceologo, che, pieno di zelo, ha scritto un intero libro, "La filosofia delle manifatture" (una traduzione parziale in italiano e' stata pubblicata nella "Biblioteca dell'economista", seconda serie, volume 3, dall'Unione Tipografico-editrice di Torino nel 1863), per dimostrare come il lavoro nelle filande e nelle miniere fosse giovevole alla salute dei fanciulli, tolti dalla strada e dai suoi vizi, educati a diventare buoni futuri operai ubbidienti e rispettosi dei proprietari.

Il terzo motivo, legato ai due precedenti, del poco buon nome della chimica nell'immaginario popolare, sta nella diffusa ignoranza della chimica. Persone colte e intelligenti, che sanno parlare con competenza di letteratura e musica e arte, "intellettuali", come si suol dire, si azzardano, forti della loro ignoranza chimica, ad esprimere giudizi spesso insensati sui guasti e sui vizi della "chimica".

Non c'e' dubbio che la chimica si insegna poco e spesso male nelle scuole secondarie superiori --- dove pure circa 350 mila studenti ogni anno sono "costretti" a seguire un qualche corso di chimica --- sulla base di testi che talvolta (spesso) sono modesti e noiosi. Quel poco di nozioni appiccicate alla mente, talvolta senza andare al di la' di poche frasi fatte, ripetute come litanie, sono il terreno ideale per fare nascere idee distorte e luoghi comuni e vere sciocchezze. Non c'è perciò da meravigliarsi se i giornalisti, i parlamentari, gli amministratori, spesso persone colte e attente, straparlano quando si tratta di esprimere dei giudizi sulla chimica.

Si aggiunga che la situazione è scoraggiante benché in Italia esistono decine di migliaia di laureati in chimica, centinaia di professori universitari di discipline chimiche, la cui voce si sente troppo poco e quasi niente, come se ci fosse un pudore nell'intervenire e nel parlare della loro scienza. Salvo poi talvolta intervenire per una apologia della chimica con un eccesso di zelo e quindi poco credibili. Una volta Linus Pauling (premio Nobel per la chimica e poi premio Nobel per la pace) scrisse che bisogna invece imparare a parlare a qualcuno che non siano le proprie provette. La stessa massima società italiana dei chimici, la Società Chimica Italiana, con poche migliaia di soci, per lo più membri del mondo accademico, con prestigiose riviste, peraltro a limitatissima circolazione, è per l'opinione pubblica sconosciuta, come se non esistesse.

A differenza di altre società chimiche nazionali e in particolare di quella americana, la American Chemical Society, che pubblica un settimanale, il notissimo Chemical and Engineering News che mobilita i suoi soci perché parlino nelle televisioni locali, che organizza giornate nazionali della chimica, Olimpiadi della chimica, che induce il governo a stampare francobolli commemorativi della chimica e dei chimici, eccetera.

Questo stato di cose fa sì che in Italia esistano pochissime riviste di chimica, con limitata circolazione, nessuna a carattere veramente divulgativo e popolare, che siano soltanto pochi o pochissimi i libri divulgativi di chimica, le cui conoscenze per il grande pubblico sono affidate al breve incontro, al liceo, con i testi di scuola. Non c'è in Italia un buon dizionario o una buona enciclopedia popolare di chimica. E' abbastanza naturale che perfino i traduttori degli articoli di giornali stranieri storpino i nomi chimici, con silicio che diventa silicone, iodio che diventa iodino, carboidrati che diventano idrocarburi, e così via.

Eppure mai come in questo momento una cultura chimica è essenziale per difendere la salute dei cittadini e anche per ridare fiato ad un asfittico settore industriale. Mai come in questo momento i problemi chimici sono centrali per l'economia e per il progresso. Basta leggere la Gazzetta ufficiale delle Comunità europee o quella della Repubblica italiana per vedere che sempre più spesso ci sono interi fascicoli, dei veri volumetti, pieni di informazioni chimiche, di formule, di sinonimi, di proposte di unificazione, pieni di metodi di analisi standardizzati per riconoscere la purezza delle sostanze, per sconfiggere le frodi, per svelare gli inquinamenti. La sigla CAS del Chemical Abstracts Service è usata anche nei testi di legge dove accompagna ormai il numero, la sigla e il nome delle sostanze che entrano nei medicinali, nei cosmetici, nei pesticidi, eccetera.

Mai come in questo momento la sopravvivenza civile dei paesi industriali dipende dal potenziamento dei servizi pubblici di controllo dei prodotti e dell'ambiente, servizi che richiedono metodi chimici di indagine praticati da chimici. Con tutto il parlare che si fa di unità europea, bisogna renderci conto che potremo essere veramente europei soltanto se dimostreremo di avere strutture pubbliche e imprese private avanzate e moderne e in tale progresso un ruolo determinante ha la chimica e hanno i chimici. Mai come in questo momento ci sarebbe bisogno di laureati in chimica preparati, orgogliosi della loro cultura e della loro competenza e capacità, consci del ruolo che possono avere nella collettività civile.

Con tutto il rispetto per le altre scienze della natura e sperimentali, la chimica è forse l'unica che offre la saldatura fra le leggi fondamentali della materia e l'applicazione di tali leggi alla vita quotidiana, dal metabolismo del cibo alla bellezza dei colori delle ali delle farfalle o dei petali dei fiori, ai grandi flussi di materia che stanno alla base dell'economia.

La chimica è infatti la scienza della contabilità della natura. Il bilancio delle reazioni chimiche è n bilancio "economico": esso, per definizione, deve essere in pareggio, tutto quello che c'e' a sinistra di una formula si deve ritrovare a destra: la materia si deve sempre ritrovare tutta. E qui troviamo subito la diversità fra la contabilità della natura e quella "economica monetaria". Anche gli economisti dei soldi fanno della contabilità: i soldi spesi devono essere uguali a quelli guadagnati. Ma le "cose" materiali che sono descritte con gli scambi monetari sono soltanto una piccola parte di quelle che interessano la vita reale.

Nel bilancio di una fabbrica, per esempio, la contabilità monetaria tiene conto soltanto delle materie che si comprano e si vendono. Se pensiamo ad una fabbrica di acciaio contano il minerale di ferro e il carbone, che si ottengono in cambio di soldi, ma nella contabilità monetaria non figura l'ossigeno che si ottiene gratis nell'aria che serve per bruciare parzialmente il carbone trasformandolo in ossido di carbonio che riduce gli ossidi di ferro in ferro e ghisa. La ghisa e l'acciaio e l'energia entrano nella contabilità economica perché si comprano e si vendono, ma nella reazione si formano --- una cosa ovvia e banale per un chimico --- polveri e anidride carbonica e ossido di carbonio e scorie che non figurano nella contabilità economica perché vengono gettati nell'atmosfera o in una discarica. Salvo accorgersi un giorno che le popolazioni protestano per i fumi che sono "cose" materiali e di cui bisogna misurare quantità e composizione chimica, e che bisogna filtrare e abbattere o raccogliere per non inquinare l'aria
o il suolo.

La contestazione ecologica è nata proprio dall'attenzione prestata agli effetti negativi di tutte le cose che la chimica conosce da sempre --- quelle che si trovano a sinistra e a destra di ciascuna formula --- ma che l'economia tradizionale e la pratica dell'operare hanno a lungo ignorato. Da qui l'importanza e la grande attualità del valore educativo della contabilità chimica.

Un minimo di attenzione chimica può suggerire a coloro che utilizzano quei laboratori chimici che sono il secchiaio o il gabinetto che la massa di materiali --- residui di cibo, soluzioni saponose, escrementi --- che esce dalla nostra vita quotidiana non scompare ma va a finire nelle fogne e poi nei depuratori e nei fiumi e nel mare. La contabilità e l'ecologia dell'ecosistema domestico, sono altrettanto importanti come l'ecologia della fabbrica o della città.

Un altro importante aspetto del valore educativo della chimica sta nell'abitudine a pensare a tre dimensioni. Tutte le cose sono a tre dimensioni, ma noi siamo abituati a disegnarle su un foglio, su un piano. La conoscenza chimica offre continuamente l'occasione per aiutare a immaginare, a pensare e a "vedere" i corpi nello spazio. La molecola dell'acqua acca-due-o, H-O-H, deve tutte le sue stranezze, fondamentali per la vita, proprio al fatto che ciascuna molecola si lega nello spazio non solo alle altre molecole di acqua, ma a tutti i corpi a cui si avvicina e con cui viene a contatto.

La chimica del carbonio deve la sua bellezza e il suo fascino proprio al carattere tridimensionale degli atomi e delle molecole e, anche se ce ne siamo dimenticati, la scoperta di tale carattere fu una vera rivoluzione culturale. Purtroppo non possiamo fare a meno, per ragioni pratiche, di scrivere le formule su un piano, ma forse questo stesso limite è un'occasione per ricordare continuamente che le molecole sono sempre tante, tutte insieme e distribuite in tutte le direzioni.

Una intuizione tridimensionale ha risolto problemi di conoscenza fondamentale della vita. Alla fine degli anni quaranta del secolo scorso il chimico americano Linus Pauling ebbe, come sopra ricordato, il premio Nobel per aver "pensato" che le molecole delle proteine fossero disposte ad elica, come si vide sperimentalmente meglio in seguito. Questa intuizione da sola permise di risolvere tutti i misteri del comportamento delle proteine, pietre costitutive fondamentali della vita. Una decina di anni dopo Watson e Crickett ottennero il premio Nobel per aver scoperto la struttura del DNA, una catena di molecole di zucchero, di acido fosforico e di alcune "basi" (adenina, timina, guanina, e citosina), disposte in "doppia elica" nello spazio. La disposizione spaziale delle migliaia di atomi di ciascuna molecola di DNA ha consentito di spiegare il funzionamento di queste molecole fondamentali per la "fabbricazione" di ciascuna proteina, sempre uguale, specifica per ciascuna parte di ciascun essere vivente.

La conoscenza chimica consente la spiegazione di come sono fatti e come possono essere prodotti le cose, gli oggetti, i materiali presenti in natura e nella vita quotidiana. La chimica è nata con l'obiettivo di spiegare e descrivere fenomeni naturali e, nello stesso tempo, di risolvere
problemi pratici: la sbianca e la tintura dei tessuti, la conservazione dei cibi, la concia delle pelli, la fermentazione del pane. La ricerca scientifica chimica è stata originata e ha avuto i suoi massimi successi in relazione a problemi "pratici": dal premio Nobel ad Haber per la scoperta delle condizioni che consentono la sintesi dell'ammoniaca, al premio Nobel a Natta per le scoperte che hanno permesso di sintetizzare il polipropilene. Probabilmente un riconoscimento dell'importanza degli aspetti "pratici" della chimica aiuterebbe anche il pubblico a riconoscere in essa non solo una scienza vicina alla vita quotidiana, ma anzi la scienza prima della vita e delle cose che ci circondano.

Benché la chimica aiuti a capire e spiegare molti aspetti anche apparentemente volgari della vita: perché certe merci inquinano, quale è la composizione dei rifiuti, si ha l'impressione che la chimica della cucina e del gabinetto abbiano poco spazio e dignità nell'insegnamento chimico. I merceologi, per esempio, che sono i chimici che si occupano di questi aspetti volgari della chimica, sono in genere considerati chimici di seconda classe.

Una migliore cultura chimica aiuterebbe anche molte altre attività e discipline. Si pensi, per esempio, al vuoto culturale esistente in Italia nel campo della storia della chimica, della storia della farmacia, della storia della merceologia, e lo si confronti col fatto che lo storico di professione, o l'archeologo sempre più hanno a che fare con problemi chimici che affrontano talvolta male, superficialmente, talvolta balbettando cose inesatte, con una crescente difficoltà di incontro con i professionisti che sanno di chimica.

C'è un altro aspetto meno noto della chimica. All'opinione pubblica, ma anche agli studenti, la chimica appare una scienza consolidata, piena di certezze; se qualcosa di nuovo appare all'orizzonte lo si deve cercare nei favolosi orizzonti delle biotecnologie o dei materiali avanzati, come si suol dire. Una impressione sbagliata: il mondo che ci circonda è ancora pieno di misteri chimici, anche nei campi più banali. Si parla, per esempio, di amido, di lignina e di cellulosa, le pietre fondamentali del mondo vegetale.La cellulosa attrae l'attenzione come ingrediente della carta, l'amido come ingrediente del pane e della pasta e, più recentemente, della finta "plastica" biodegradabile. E invece siamo di fronte ad un campo pieno di misteri. Ogni vegetale contiene amido, lignina, cellulosa, con caratteri differenti da altri; la composizione di queste macromolecole ha carattere statistico per cui si deve parlare al plurale di amidi, cellulose, eccetera.

Con un poco di attenzione e di curiosità si scopre, per esempio che i diversi cereali hanno amidi di diverse qualità, tanto è vero che con alcuni (il grano) si riesce a fare il pane e con altri (come il mais) no. La stessa caratterizzazione dei cereali e dei relativi sfarinati sulla base dell'amido, delle proteine, dei grassi e delle ceneri è una grossolana approssimazione. Si intuisce, ma se ne sa ben poco, che amido, proteine e grassi sono uniti fra loro in "complessi" grassi-proteine, amido-grassi, amido-proteine; la loro esistenza potrebbe spiegare il fatto che il grano duro ha caratteri diversi dal grano tenero, benché all'analisi chimica grossolana i principali componenti siano in quantità quasi uguali. Fra i misteri chimici del pane c'è il fenomeno del rinvenimento, per cui nel pane raffermo, "vecchio" di due o tre giorni, riscaldato, la mollica ritorna elastica come nel pane appena sfornato, anche se questo carattere scompare dopo poche ore.

Una migliore cultura chimica permetterebbe di chiarire alcuni "grandi" misteri, come il buco dell'ozono stratosferico o l'effetto serra dovuto alle modificazioni chimiche dell'atmosfera,ma permetterebbe anche di capire e di conoscere meglio tantissime altre cose, negli alimenti, nei cosmetici, nelle tinture e nei preparati per ondulare i capelli, nelle precauzioni da prendere quando si deve lavare e stirare, nei meccanismi --- chimici --- con cui funzionano le fotocelle solari o le macchine per trasmissione in facsimile, più note come "fax", o i "cuori" dei computers e dei telefoni cellulari, tutti oggetti che stanno alla base di produzioni e di consumi di massa. Se se ne sapesse di più forse molti pericoli e inconvenienti ed errori sarebbero evitati.

Penso che si potrebbe, volendo, davvero dare della chimica una immagine gioiosa e avventurosa e con essa una visione più coraggiosa della vita; si renderebbe un servizio alla società, all'economia, e all'ecologia --- e alla stessa scienza chimica presentabile senza vergogna nella buona società.

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