giovedì 22 agosto 2013

B:Leoci -- Problemi di rifiuti in Puglia -- 2012

La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 ottobre 2012

Benito Leoci, Università del Salento bleoci@yahoo.it

Il 24 agosto 2012 nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia è apparsa la legge regionale n. 24 avente uno strano titolo: “Rafforzamento delle pubbliche funzioni nell’organizzazione e nel governo dei Servizi pubblici locali”. Dalla lettura dell’articolato si apprende che in pratica si tratta del solo servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, quelli prodotti nelle abitazioni, per intenderci. Circa gli altri servizi ovvero i trasporti pubblici e la fornitura di acqua potabile, si nota che il primo viene solo sfiorato e il secondo semplicemente ignorato.

D’altra parte come si poteva chiedere alla Regione di mettere le mani sull’acqua dopo un referendum che ha indicato una precisa volontà popolare, in una regione dove da sempre opera un Ente pubblico che tutto sommato fornisce l’acqua più sana di tutta l’Italia? Certo, molto è da migliorare, ma per questo non c’è bisogno di una legge.
 
Quella sopra citata si occupa di una parte del servizio di gestione dei rifiuti ed è il frutto di diversi disegni di legge, l’ultimo dei quali modificato ulteriormente il 3 agosto dopo una lunga discussione, presenta molte lacune e contraddizioni. Molti relatori in aula, alcuni dei quali costretti a rientrare dalle ferie, avevano chiaramente manifestato la loro perplessità sulla fretta imposta e sull’odore di incostituzionalità dell’intera impalcatura (aspetti però stranamente negati con veemenza dal capogruppo del PDL). Ora si corre il rischio che qualcuno (l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia ?) faccia ricorso alla Consulta per l’annullamento, dopo di che occorrerà cominciare da capo.

La legge infatti obbligherebbe i comuni a riunirsi in Ambiti Regionali Ottimali (ARO) per gestire la fase di raccolta e trasporto dei rifiuti e in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), coincidenti con le Province, per gestire lo smaltimento/trattamento. Accade però che quest’obbligo cozza con l’art. 117 della Costituzione. In altre parole i comuni possono volontariamente unirsi o consorziarsi fra di loro ma non possono essere obbligati a farlo, se non da una legge dello Stato. E proprio il 3 agosto 2012 era in vigore il Decreto Legge n. 95, convertito il 7 agosto successivo nella legge n 135, che afferma chiaramente, all’art. 19, che i comuni sono gli esclusivi titolari della gestione dei rifiuti urbani. Ma l’annullamento della legge sarebbe un bene o un male? Il settore andrebbe in tilt?

Conviene esaminare alcuni aspetti. La legge, con le norme transitorie (comma 1 dell’art. 24), vieta ai comuni “di indire nuove procedure di gara” a partire dal 24 agosto 2012. Anzi perfino le gare in atto ma non concluse verrebbero bloccate e annullate al momento della “pubblicazione della deliberazione della Giunta Regionale di perimetrazione degli ARO…” (comma 2 dello stesso articolo 24). Su queste disposizioni, sulle quali il Consiglio ha discusso a lungo, che sono anch’esse in netto contrasto con le analoghe dettate dall’art. 198, comma 1, del Codice dell’Ambiente, che sembrano incerte (quando inizia una procedura di gara?), si appuntano le preoccupazioni di tutti gli interessati al servizio: imprese appaltatrici e comuni.

Se qualcosa si inceppa o la procedura di attuazione degli ARO subisce ritardi, che faranno i comuni, e sono tanti, i cui contratti di appalto sono scaduti, visto che non potranno concedere proroghe né attivare procedure di gare? Se però vengono attivati gli ARO (dopo quanto tempo visti i precedenti fallimentari di attivazione degli ATO?) tutto torna a posto, anzi tutto torna come prima visto che i comuni possono agire anche singolarmente (tale è l’indicazione del comma 1 dell’art. 14).

A questo proposito bisogna evidenziare che non si tratta di una svista, ma di un colpo di ingegno degli estensori della legge dell’Assessorato all’Ambiente che va a totale loro merito. L’accorpamento dei comuni in ARO o in ATO è una grande stupidaggine introdotta anni fa dal decreto Ronchi, riprodotta poi acriticamente nelle leggi successive. L’accorpamento di più comuni per svolgere il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti non produce infatti economie di scala, anzi è vero il contrario visto i maggiori consumi degli automezzi per passare da un comune all’altro e i costi crescenti dei carburanti. I comuni piccoli utilizzano poco personale e pochi mezzi, quelli grandi molto personale e molti mezzi.

Dove sono le economie? Non così per lo smaltimento/trattamento ove gli impianti sono efficienti e più economici al di sopra di certe dimensioni. In questi casi, quando necessario, occorre accorpare vari comuni. Ecco dunque spiegata la via adottata dall’Assessorato all’Ambiente della Regione Puglia: tentare di risolvere le insipienze del legislatore nazionale senza danneggiare i comuni. Vi è però un altro aspetto del problema da risolvere quando si vogliono adottare ARO o ATO che siano: l’unificazione dei vari contratti di appalto in vigore nei diversi comuni con scadenze diverse, senza provocare ricorsi e interruzioni di servizi. Su questo aspetto sono arenati, nel recente passato, tutti i tentativi di indire gare per appaltare i servizi a livello di ATO (fino a 20 – 25 comuni da mettere insieme). Su questo punto i funzionari dell’Assessorato encomiabilmente tentano una soluzione parziale con l’art. 14.


Una legge dunque con molti aspetti positivi e alcuni errati, come sempre accade. Per evitare ricorsi alla Consulta o per vanificarli sarebbe opportuno procedere con opportuni emendamenti. Da sempre i comuni hanno gestito in proprio in maniera razionale ed efficiente il servizio. Occorre aiutarli nelle fasi di recupero/smaltimento, senza dimenticare i rifiuti speciali se si vuole seriamente salvaguardare l’ambiente, aiutare le imprese e bloccare le ecomafie sempre in agguato.

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